L’Italia e le sue sfide in tempi decisivi
Care amiche e cari amici, buongiorno. Comincia con questa puntata il viaggio di ItalStrat, la newsletter che mira a approfondire i risvolti strategici riguardanti l’Italia, il suo posizionamento geopolitico, le sue sfide economiche, le tensioni nel mondo di sua pertinenza. Una newsletter che vorrà raccontare l’Italia come soggetto del mondo globale provando a capire come Roma può giocare la sua partita in queste grandi sfide e come queste grandi sfide plasmano la traiettoria dell’Italia.
Alla luce di anni di esperienza di lavoro studiando e cercando di capire le dinamiche dell’economia italiana, della sicurezza nazionale e del sistema-Paese ho elaborato la necessità, per il Belpaese, di riscoprire una vera e propria cultura strategica, il dovere di pensare, nei limiti del possibile, a una visione di futuro realistica e capace di garantire la sicurezza, la prosperità e la tenuta della Repubblica. ItalStrat mira, con umiltà, a fornire un suo contributo culturale e analitico a questo processo di cui alcune realtà (tra cui segnalo think tank come il CISINT e Aliseo e testate come InsideOver) si sono rese conto con attenzione e lungimiranza, mirando a seminare una consapevolezza condivisa. Premessa necessaria di questo viaggio sarà la risposta a una domanda fondamentale: cosa ci rende strategici?
Cosa significa essere “strategici”
Essere “strategici” può avere una doppia accezione. Può implicare sia l’avere la capacità di progettare sistematicamente le proprie azioni al netto di contingenze in evoluzione e sollecitazioni provenienti dai sistemi esterni sia l’essere di valore per un attore terzo e le sue volontà di proiezione in un’area d’influenza. La “strategicità” dell’Italia è la risultante di questi due vettori.
Non possiamo certamente nascondere che buona parte del terreno di gioco di Roma sia inevitabilmente delineato dall’architettura di alleanze e partnership che ne delineano la capacità d’azione, a partire dall’Alleanza Atlantica e dall’Unione Europea. Ma questo, in presenza di volontà politica, non ha mai impedito all’Italia di cercare la sua proiezione autonoma.
L’Italia tra Europa, Mediterraneo e mondo inquieto
Diversi elementi contribuiscono alla percezione e alla capacità d’azione dell’Italia come attore-chiave della globalizzazione, diverse determinanti strutturali e contingenti.
Iniziamo ora a specificarne alcuni nella consapevolezza che nelle prossime puntate ognuno di essi sarà debitamente approfondito. L’Italia ha, innanzitutto, capacità d’azione relativa alla sua strutturale posizione geografica e geopolitica. Al centro del Mediterraneo, crocevia tra spazi oceanici e continenti e linea di faglia tra un’area di stabilità e le regioni sempre più destrutturate dell’Africa e del Medio Oriente, Roma ha nel “Grande Mare” (consiglio, a proposito, l’omonimo libro di David Abulafia) il centro nevralgico dei suoi interessi.
Il perché lo spiega benissimo un report del Centro Studi di Geopolitica e Strategia Marittima (CESMAR), il quale ci ricorda che "l’Italia, media potenza regionale con interessi economici globali, deve poter sviluppare i suoi commerci al di là del limite geografico imposto dal Mar Mediterraneo. La possibilità di perseguire le tre direzioni economiche, euroafricana, eurasiana e euroamericana, consente al nostro Paese di svolgere un ruolo importante e indipendente a livello europeo" e deve essere "il punto di partenza di ogni proiezione all’esterno, essenziale per assicurare un'adeguata profondità strategica, indispensabile fondamento della sicurezza dello Stato. In questo caso il Mediterraneo non costituisce quindi un mezzo, bensì il fine di ogni linea di azione che su di esso si concretizza”. Roma “blinda” questa sua capacità d’azione con un disegno operativo fattosi da tempo coerente anche sul piano militare: priorità alla Marina Militare, ottava al mondo per tonnellaggio, sostenuta dall’Aeronautica Militare e dall’Esercito, come garante della proiezione e della sicurezza nazionale.

La sicurezza marittima è sicurezza economica, e spesso ci accorgiamo molto poco di quanto un connubio, spesso non progettato sistematicamente ma costruito sul campo, tra chiarezza degli interessi economici di un Paese trasformatore e priorità geopolitiche abbia consentito al Paese di resistere a un ciclo di crisi sistemiche. La resilienza del sistema industriale italiano, la sua capacità di restare tra le grandi manifatture del mondo e la sua integrazione di mercato internazionale hanno difeso l’Italia dal rischio del declino e della crisi sistemica in decenni di acque agitate. In meno di vent’anni abbiamo subito tre crisi sistemiche (Subprime, debiti europei, Covid-19) e altrettante recessioni, abbiamo incassato gli impatti della tempesta energetica del 2022-2023 e il boom dell’inflazione ma, sostanzialmente, abbiamo retto l’urto.

Come notato su InsideOver, questi dati ci hanno reso tra i vincitori della globalizzazione senza che ce ne accorgessimo, dato che “l’export italiano era di 369 miliardi di euro nel 2008, prima della Grande Recessione. Nel 2023 ha fatto segnare la quota record di 626,2 miliardi di euro: +69,6% in quindici anni, nel pieno della grande tempesta della geopolitica globale, della sempre più tenace policrisi, dell’ascesa di nuovi competitor”. Nel 2024 una leggera flessione a 623,5 miliardi di euro non ha cambiato le carte in tavola
Una diplomazia da pontieri
Questa indubbia capacità d’azione si somma al “valore d’uso” che l’Italia ha tra le grandi potenze del pianeta sia come partner economico che come Paese rilevante sul piano geopolitico. Nel mondo della globalizzazione competitiva Roma ha la possibilità di giocare una diplomazia da pontiere nel pieno rispetto del suo posizionamento internazionale. Ed è qualcosa che pochi altri grandi attori dell’Occidente possono permettersi di fare.
Pesa, molto, l’eredità della Prima Repubblica e della proiezione globale della sua diplomazia. Influisce, inoltre, il ruolo di frontiera che la Penisola aveva nella Guerra Fredda, tale da render l’Italia una centrale diplomatica attiva e attenzionata, soprattutto dal campo atlantico. Gioca un ruolo decisivo la presenza del Vaticano e della sua rete di proiezione globale parallela a quella della Chiesa cattolica che rafforza e consolida il ruolo di Roma.
Ad oggi, le direttrici della diplomazia italiana puntano giocoforza a spingere il Paese a costruire ponti, non muri: ponti con attori pivotali per l’ordine internazionale e la connettività tra sistemi-mondo come Turchia, Emirati Arabi Uniti e India, Paesi centrali nel dialogo nella “Guerra Fredda 2.0”/”Terza guerra mondiale a pezzi” che divide l’ordine internazionale e con cui l’Italia ha una relazione privilegiata. Ponti con la nuova frontiera, l’Africa, dove l’Italia fa mostrare bandiera all’Italia e all’Occidente in Niger, dove è presente un contingente militare, ed è attiva col progetto del Piano Mattei. In passato si provarono anche i ponti con Russia e Cina, oggi resi più incerti dai venti della geopolitica globale e dall’approccio confrontazionale dell’alleato americano.
Le forze vive del Paese
ItalStrat parlerà di tutto questo, parlerà del ruolo italiano nel mondo e di come potrà condizionare la nostra quotidianità negli anni a venire. Ma non parlerà solo di come l’Italia plasmi il suo futuro fuori dai propri confini. Anche ciò che accade in Italia è fondamentale, in diversi settori, a connotarci come attore strategico, e non parliamo solo della produzione che alimenta l’export.
Diversi asset strategici per la proiezione del Paese operano dal suolo nazionale e con un impatto sostanziale. Al vettore del sistema-Italia concorrono, inevitabilmente, i campioni della grande industria a partecipazione pubblica (Eni, Enel, Leonardo, Fincantieri, Cassa Depositi e Prestiti e così via); su di esso incidono le novità di una finanza nazionale che sta conoscendo una battaglia interna che si somma al consolidamento europeo dei suoi due colossi (Unicredit e Intesa San Paolo); dai semiconduttori all’aerospazio, diversi settori vivificano la capacità d’innovare nazionale e si plasmano assieme a centri di ricerca di valore internazionale (Politecnico di Milano e Torino, Istituto Italiano di Tecnologia e Consiglio Nazionale delle Ricerche) nel quadro di un contesto in cui non mancano, settorialmente, le eccellenze accademiche internazionali (dalla Bocconi di Milano all’Orientale di Napoli) nei propri ambiti; i grandi progetti infrastrutturali e il superamento delle barriere interne dovranno giocare un ruolo critico per plasmare una unità nazionale sul piano non solo amministrativo ma anche propriamente geopolitico.
Di tutto questo parlerà nelle prossime settimane ItalStrat, che arriverà ogni martedì mattina nelle vostre caselle mail. Con questa presentazione si è voluto introdurre un tema che, come avete visto, è complesso e articolato. L’obiettivo di questo progetto è contribuire a far sì che, in questo mondo caotico, anche l’Italia ha qualcosa da dire. E di fronte a potentati che si muovono cinicamente per ridefinire le regole del gioco dei prossimi decenni, forse laddove possibile sarà doveroso ricordare la propria esistenza.
Hai detto quasi tutto...che altro dire se non che questa mentalità strategica dovrebbe scaturire da una buona formazione "scolastica"? i giovani e i giovanissimi dovrebbero sapere come poter dirigere il proprio futuro in modo pacifico ma come si dice oggi ,SOSTENIBILE, tutto ha un costo non esiste il moto perpetuo, c'è economia ed economia: quella di rapina si chiama guerra.
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